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Come funziona l’ispezione ipotecaria per immobile dell’Agenzia delle Entrate

L’ispezione ipotecaria telematica dell’Agenzia delle Entrate può adesso essere effettuata non solo per persona fisica e per nota, ma anche tramite ricerca per immobile. Una nuova modalità che fornisce un ulteriore servizio destinato alla consultazione dei registri immobiliari, l’analisi dei quali permette di risalire alla titolarità di un determinato bene e all’eventuale presenza di pesi o vincoli che ne possono limitare il godimento.

L’articolo 2673 del Codice Civile, “Obblighi del conservatore”, recita:

“Il conservatore dei registri immobiliari deve rilasciare a chiunque ne fa richiesta copia delle trascrizioni, delle iscrizioni e delle annotazioni, o il certificato che non ve ne è alcuna.

Deve, altresì, permettere l’ispezione dei suoi registri nei modi e nelle ore fissati dalla legge.

Il conservatore deve anche rilasciare copia dei documenti che sono depositati presso di lui in originale o i cui originali sono depositati negli atti di un notaio o in un pubblico archivio fuori della circoscrizione del tribunale nella quale ha sede il suo ufficio”.

Come effettuare l’ispezione ipotecaria per immobile

Il servizio di ispezione ipotecaria telematica dell’Agenzia delle Entrate si differenzia in base alla tipologia di utenza, alle diverse esigenze e alle finalità perseguite. Tutti i cittadini possono accedere a questo servizio, che è a pagamento, sul sito web dell’Agenzia seguendo questo percorso: Servizi > Fabbricati e Terreni > Ispezione ipotecaria online. E adesso, oltre all’ispezione per persona fisica e per nota, possono richiedere anche l’ispezione per immobile.

Per potervi accedere è sufficiente indicare il codice fiscale ed eventualmente un indirizzo di posta elettronica. Una volta selezionata la conservatoria – Area Servizi di pubblicità immobiliare – dove eseguire l’ispezione ipotecaria, è possibile scegliere la modalità di ricerca: per persona fisica, per nota e per immobile.

La ricerca per immobile prevede l’indicazione del Comune, del tipo di catasto (Fabbricati o Terreni), della sezione censuaria se presente e dei dati catastali identificativi definitivi (foglio, particella e subalterno). Una volta effettuato il pagamento, i risultati della ricerca sono disponibili nella sezione Elenchi Contabilizzati, dove è possibile visualizzare l’Elenco delle note, che possono essere acquisite tramite il pulsante Visualizza Note. Una volta eseguito il pagamento per le formalità selezionate, queste sono disponibili in formato pdf nella sezione Richieste.

Per poter effettuare l’ispezione ipotecaria telematica per immobile è necessario pagare, attraverso il sistema pagoPA, 9,45 euro per ogni immobile richiesto, comprensivo dell’elenco sintetico delle prime 30 formalità relative a quell’immobile reperite. E per ogni nota che si vuole visualizzare bisogna pagare 5,40 euro. I documenti richiesti sono disponibili fino a 10 giorni dal pagamento.

Borsino immobiliare: cos’è e perché è così importante

 

Il borsino immobiliare è un listino realizzato da tecnici del settore che raccoglie le informazioni sulle transazioni immobiliari effettuate in uno specifico territorio. Tali informazioni si rivelano fondamentali all’interno di un mercato in continua evoluzione, che varia notevolmente da una zona all’altra. Lo scopo di questo strumento è quello di fornire una stima del valore di mercato degli immobili. Ne possono fare un largo uso i professionisti del settore, come architetti e geometri, ma anche i semplici privati.

I dati riportati all’interno del borsino immobiliare sono pubblici e consultabili in ogni momento e per questo motivo vengono ampiamente utilizzati dalle agenzie del settore nel momento in cui un cliente richiede la valutazione di un immobile. I dati sono accessibili dai portali dell’Agenzia delle Entrate e vengono raccolti dall’OMI: scopriamo insieme che cos’è e quali informazioni gestisce.

OMI Agenzia delle Entrate: di cosa si tratta

L’OMI dell’Agenzia delle Entrate è la banca dati in cui vengono riportati i dettagli delle compravendite effettuate lungo tutto il territorio nazionale e che raccoglie le quotazioni degli immobili. OMI Agenzia Entrate è l’acronimo di Osservatorio del Mercato Immobiliare e il suo compito è dunque quello di restituire un’immagine quanto più fedele di un mercato in evoluzione continua e soggetto a frequenti stravolgimenti come quello immobiliare. Lo scopo dell’OMI è quello di garantire una certa trasparenza nelle quotazioni degli edifici e proprio per questo motivo vengono riportati svariati valori numerici e numerose informazioni utili a cui fare riferimento.

Questi dati offrono un’accurata fotografia del mercato immobiliare italiano e delle peculiarità di ogni singolo territorio, rappresentando un mezzo fondamentale per la valutazione di un immobile. I valori OMI dell’Agenzia delle Entrate sono utili poiché, oltre a riportare i dati di una determinata area, contengono anche informazioni specifiche riguardo alle fasce di prezzo e del valore degli immobili.

Tra gli elementi forniti dal borsino immobiliare si trovano anche:

  • tempi medi impiegati per la vendita;
  • margini di guadagno.

Un’altra informazione particolarmente rilevante per gli esperti del settore è il numero delle vendite effettuate in un determinato lasso di tempo, anch’esso riportato all’interno del borsino immobiliare.

Trovare i dati per il proprio comune

Il borsino immobiliare con le quotazioni per la propria città è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione servizi, consultazione. Conducendo una breve ricerca su Internet con le parole chiave “borsino immobiliare agenzia delle entrate”, è possibile trovare in maniera semplice e rapida la pagina dell’Osservatorio Immobiliare. Il testo introduttivo contiene tutte le informazioni utili per una ricerca efficace, mentre al suo interno sono presenti delle guide e dei manuali che facilitano la consultazione anche per i meno esperti.

Prima di procedere alla ricerca testuale, è importante conoscere il tipo di informazioni restituite dal sistema. Innanzitutto, occorre sapere che tra tutte le città presenti all’interno della banca dati si trova anche un elenco dei comuni non disponibili a causa di eventi sismici e della nota sulla revisione decennale delle zone OMI dal 2014.

Va poi chiarito che cosa si intende per zona OMI, la quale altro non è altro che l’insieme del territorio di un intero comune. Il gestionale permette quindi di fare una ricerca per zona, restituendo un intervallo di valore in base ai metri quadri per tipologia di immobile. La valutazione di immobili diventa così più efficace e soprattutto utile per effettuare una compravendita o un contratto di locazione con la massima serenità. L’OMI ci permette infatti di conoscere lo stato di conservazione dell’immobile, per cui è sempre indicato quello prevalente. Lo stato conservativo non risulta invece indicato per posti auto e box, mentre per i locali commerciali si indicano soltanto i valori che riguardano l’intera unità immobiliare.

È utile sapere che la valutazione immobiliare del borsino restituisce tre criteri:

  • ottimo;
  • normale;
  • scadente.

Una volta conosciuti alcuni parametri del sistema, è possibile comprendere come si calcola il valore di un immobile e scoprire come iniziare ad usare questo strumento.

 

Borsino immobiliare: cos’è e perché è così importante

 

Il borsino immobiliare è un listino realizzato da tecnici del settore che raccoglie le informazioni sulle transazioni immobiliari effettuate in uno specifico territorio. Tali informazioni si rivelano fondamentali all’interno di un mercato in continua evoluzione, che varia notevolmente da una zona all’altra. Lo scopo di questo strumento è quello di fornire una stima del valore di mercato degli immobili. Ne possono fare un largo uso i professionisti del settore, come architetti e geometri, ma anche i semplici privati.

I dati riportati all’interno del borsino immobiliare sono pubblici e consultabili in ogni momento e per questo motivo vengono ampiamente utilizzati dalle agenzie del settore nel momento in cui un cliente richiede la valutazione di un immobile. I dati sono accessibili dai portali dell’Agenzia delle Entrate e vengono raccolti dall’OMI: scopriamo insieme che cos’è e quali informazioni gestisce.

OMI Agenzia delle Entrate: di cosa si tratta

L’OMI dell’Agenzia delle Entrate è la banca dati in cui vengono riportati i dettagli delle compravendite effettuate lungo tutto il territorio nazionale e che raccoglie le quotazioni degli immobili. OMI Agenzia Entrate è l’acronimo di Osservatorio del Mercato Immobiliare e il suo compito è dunque quello di restituire un’immagine quanto più fedele di un mercato in evoluzione continua e soggetto a frequenti stravolgimenti come quello immobiliare. Lo scopo dell’OMI è quello di garantire una certa trasparenza nelle quotazioni degli edifici e proprio per questo motivo vengono riportati svariati valori numerici e numerose informazioni utili a cui fare riferimento.

Questi dati offrono un’accurata fotografia del mercato immobiliare italiano e delle peculiarità di ogni singolo territorio, rappresentando un mezzo fondamentale per la valutazione di un immobile. I valori OMI dell’Agenzia delle Entrate sono utili poiché, oltre a riportare i dati di una determinata area, contengono anche informazioni specifiche riguardo alle fasce di prezzo e del valore degli immobili.

Tra gli elementi forniti dal borsino immobiliare si trovano anche:

  • tempi medi impiegati per la vendita;
  • margini di guadagno.

Un’altra informazione particolarmente rilevante per gli esperti del settore è il numero delle vendite effettuate in un determinato lasso di tempo, anch’esso riportato all’interno del borsino immobiliare.

Trovare i dati per il proprio comune

Il borsino immobiliare con le quotazioni per la propria città è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione servizi, consultazione. Conducendo una breve ricerca su Internet con le parole chiave “borsino immobiliare agenzia delle entrate”, è possibile trovare in maniera semplice e rapida la pagina dell’Osservatorio Immobiliare. Il testo introduttivo contiene tutte le informazioni utili per una ricerca efficace, mentre al suo interno sono presenti delle guide e dei manuali che facilitano la consultazione anche per i meno esperti.

Prima di procedere alla ricerca testuale, è importante conoscere il tipo di informazioni restituite dal sistema. Innanzitutto, occorre sapere che tra tutte le città presenti all’interno della banca dati si trova anche un elenco dei comuni non disponibili a causa di eventi sismici e della nota sulla revisione decennale delle zone OMI dal 2014.

Va poi chiarito che cosa si intende per zona OMI, la quale altro non è altro che l’insieme del territorio di un intero comune. Il gestionale permette quindi di fare una ricerca per zona, restituendo un intervallo di valore in base ai metri quadri per tipologia di immobile. La valutazione di immobili diventa così più efficace e soprattutto utile per effettuare una compravendita o un contratto di locazione con la massima serenità. L’OMI ci permette infatti di conoscere lo stato di conservazione dell’immobile, per cui è sempre indicato quello prevalente. Lo stato conservativo non risulta invece indicato per posti auto e box, mentre per i locali commerciali si indicano soltanto i valori che riguardano l’intera unità immobiliare.

È utile sapere che la valutazione immobiliare del borsino restituisce tre criteri:

  • ottimo;
  • normale;
  • scadente.

Una volta conosciuti alcuni parametri del sistema, è possibile comprendere come si calcola il valore di un immobile e scoprire come iniziare ad usare questo strumento.

 

Sfratto per morosità: una guida completa

 

 

Lo sfratto per morosità è un procedimento giuridico che permette al locatore di riappropriarsi dell’immobile concesso in affitto in caso di mancato pagamento, da parte dell’inquilino, dei canoni d’affitto.

Che cos’è lo sfratto per morosità

Se l’inquilino non paga i canoni di locazione e le spese accessorie previste dal contratto, il locatore può avvalersi dello sfratto per morosità, un particolare procedimento giuridico disciplinato dall’art. 658 del Codice di procedura civile, per ottenere il rilascio del proprio immobile. Trattandosi di un procedimento speciale, è tendenzialmente più rapido rispetto ad altri procedimenti giuridici.

Simili per procedura e tempistiche, lo sfratto per morosità e lo sfratto per finita locazione sono due azioni legali che si differenziano per i casi in cui il locatore può richiederle. Lo sfratto per finita locazione, infatti, interviene quando, alla scadenza del contratto, l’inquilino non vuole lasciare l’immobile. Morosità e finita locazione possono presentarsi contemporaneamente. A questo proposito, una delle domande su cui aleggiano più dubbi riguarda il cumulo sfratto per morosità e finita locazione. Stando alla giurisprudenza più recente, è possibile richiedere congiuntamente lo sfratto per morosità e lo sfratto per finita locazione, purché la finita locazione venga subordinata alla morosità.

Quando si può fare lo sfratto per morosità?

Lo sfratto per morosità può essere richiesto purché sussistano determinati presupposti. Innanzitutto, è indispensabile che il contratto di locazione, ad uso abitativo o commerciale, sia regolarmente registrato presso l’Agenzia delle Entrate. Ne consegue che non è possibile ricorrere al procedimento di sfratto nel caso in cui la locazione si basi su un mero accordo verbale tra il proprietario dell’immobile e il conduttore.

Inoltre, per avvalersi della procedura di sfratto per morosità è fondamentale che si verifichi il mancato pagamento dei canoni d’affitto o degli oneri accessori. Nel caso di immobili ad uso abitativo, gli sfratti per morosità possono essere richiesti decorsi 20 giorni dalla data di scadenza di pagamento indicata nel contratto.

Il procedimento

Sapere quando si può fare lo sfratto per morosità è importante per agire nel modo corretto e far valere i propri diritti nei confronti di un inquilino che non paga. Nello specifico, per quanto riguarda il procedimento da seguire, la prima cosa che il locatore può fare è inviare al conduttore moroso una lettera di diffida per mezzo raccomandata A/R, in cui lo sollecita a pagare i canoni non versati, definendo un termine di scadenza, trascorso il quale dovrà lasciare libero l’immobile.

Se la diffida non sortisce gli effetti sperati, il proprietario di casa può agire con un atto di intimazione di sfratto per morosità. L’inquilino riceve la citazione in udienza per la convalida del procedimento ed, eventualmente, anche un’ingiunzione di pagamento per i canoni d’affitto scaduti. Nell’intimazione di sfratto per morosità è indicata la data in cui i soggetti coinvolti nel procedimento devono presentarsi in udienza. I termini a comparire in caso di sfratto per morosità che devono intercorrere tra la data di notificazione e quella dell’udienza sono di 20 giorni.

Cosa può fare il conduttore quando riceve l’intimazione di sfratto per morosità?

Quando il conduttore riceve l’intimazione di sfratto per morosità può presentarsi all’udienza e saldare il suo debito nei confronti del locatore, presentarsi e opporsi alla convalida, presentarsi e chiedere al giudice di beneficiare del termine di grazia oppure non presentarsi. Ecco cosa succede in ciascuno di questi casi:

  • il conduttore si presenta all’udienza e salda il suo debito: nel momento in cui il debito viene saldato, il procedimento di sfratto per morosità si ferma e viene chiuso;
  • il conduttore si presenta all’udienza e si oppone alla convalida di sfratto per morosità: in questo caso, il giudice rinvia l’esame delle cause di opposizione e il procedimento diventa un processo ordinario. In materia di sfratto per morosità, la riforma Cartabia ha introdotto un’importante novità: se l’opposizione del conduttore è infondata, il giudice può emettere immediatamente il decreto ingiuntivo;
  • il conduttore si presenta all’udienza e chiede al giudice il termine di grazia: il giudice valuta se concedere all’inquilino moroso tempo aggiuntivo, non superiore a 90 giorni, per saldare il suo debito. L’udienza viene rinviata;
  • il conduttore non si presenta: il giudice verifica il caso specifico e, se la condizione di morosità viene confermata, emette un’ordinanza di convalida di sfratto.

Il giudice, quando redige l’ordinanza di convalida di sfratto, stabilisce anche la data entro la quale l’inquilino deve lasciare l’immobile.

Cosa fare dopo la convalida di sfratto per morosità?

Quando viene emessa l’ordinanza di convalida di sfratto, se il conduttore non lascia l’immobile entro i termini stabiliti dal giudice, si procede con la notificazione di un atto di precetto. L’inquilino è obbligato a lasciare l’abitazione entro 10 giorni dalla data della notifica. Se ciò non avviene, il proprietario può procedere con la monitoria di sgombero. Si tratta di un intervento di esecuzione forzata che viene eseguita dall’ufficiale giudiziario, il quale si reca personalmente presso l’immobile per sfrattare l’inquilino moroso e restituire l’immobile al suo proprietario.

I tempi dello sfratto per morosità

Quando si cita in giudizio l’inquilino moroso, è naturale chiedersi, in caso di sfratto per morosità, quanto tempo passa prima di essere chiamati in udienza. Generalmente, la chiamata arriva entro un mese. Per riprendere possesso del proprio immobile, se il giudice convalida lo sfratto, il locatore deve attendere circa due o tre mesi dal giorno dell’udienza.

Se l’inquilino non lascia l’immobile entro il termine stabilito dal giudice, si procede con l’invio della notificazione di un atto di precetto. A questo punto, l’inquilino ha 10 giorni di tempo per lasciare l’abitazione. Trascorsi 10 giorni, se l’immobile non è stato ancora rilasciato, si procede con lo sfratto esecutivo, se necessario con l’ausilio della forza pubblica. In linea di massima, il procedimento di sfratto per morosità viene chiuso entro tre o quattro mesi.

PROVVIGIONE ALL’AGENZIA IMMOBILIARE: QUANDO SI PAGA, CHI DEVE PAGARLA E QUAL È IL COMPENSO

l supporto di un’agenzia immobiliare è fondamentale per l’acquisto, la vendita o l’affitto della casa.

Come per tutti i servizi, anche in questo caso esistono diritti e doveri sanciti dalle norme.

Il cliente spesso si pone alcuni interrogativi.

Ad esempio: quando va pagato l’agente immobiliare? Chi deve pagarlo e cosa succede se l’atto, ossia il rogito notarile, o il contratto di locazione non si concludono?

Facciamo chiarezza su questi punti.

Mediazione professionale dell’agente immobiliare: come funziona?

La giurisprudenza chiarisce gli aspetti che riguardano il diritto alla provvigione spettante all’agenzia immobiliare.

Il lavoro dell’agente immobiliare si configura come mediatore tra le parti, ossia tra venditore e acquirente, o locatore e affittuario.

Secondo la Legge, per il fatto di aver messo in contatto le parti, al mediatore spetta il diritto ad ottenere una provvigione.

Chi paga la provvigione?

A prescindere da chi si sia rivolto per primo all’agenzia, il pagamento della provvigione, nella maggior parte dei casi, è a carico di entrambe le parti, ossia venditore e acquirente o locatore e affittuario. A meno che non ci siano patti diversi e scritti.

Quando si paga l’agenzia immobiliare: il diritto alla provvigione

Secondo la giurisprudenza, il diritto alla provvigione scatta appena tra le parti si forma un vincolo giuridico che le impegna a concludere l’affare.

Nel caso di acquisto di un immobile, il vincolo è costituito dal compromesso, vale a dire il contratto preliminare. Per la Cassazione, questo contratto è un vincolo giuridico.

Firmare il compromesso non significa necessariamente che si debba stipulare un rogito.

Il mediatore non risponde della stipula o meno dell’atto finale. A questo punto ha già fatto il suo dovere.

Al mediatore spetta la provvigione anche se l’affare tra le parti si conclude a scadenza del contratto.

Il suo diritto alla provvigione vale un anno dalla conclusione del contratto preliminare.

Quando la trattativa di vendita di una casa non si conclude: i casi

Se l’affare sfumasse per colpa del mediatore, in questo caso non gli andrebbe corrisposta alcuna provvigione.

Ad esempio, quando vengono omesse delle irregolarità urbanistiche dell’immobile.

Quali tasse si pagano per la vendita della casa? La guida completa

Le modalità di pagamento delle tasse per la vendita della casa

Decidere di vendere un immobile comporta per il venditore l’obbligo di pagamento di alcune imposte, regolate diversamente a seconda che si tratti della prima o della seconda casa e a seconda degli anni trascorsi dall’acquisto. Il versamento relativo alle tasse per la vendita della casa non è obbligatorio in alcuni casi, come vedremo più avanti.

Generalmente, esistono due opzioni tra cui il venditore può scegliere al fine di pagare correttamente le tasse per la vendita della casa, ovvero:

  • il regime di tassazione ordinaria;
  • l’imposta sostitutiva.

La tassazione ordinaria consente al venditore di calcolare le tasse per la vendita della casa attraverso le comuni aliquote IRPEF, divise in scaglioni per le persone fisiche. Ciò significa che la plusvalenza generata dalla vendita dell’immobile, ovvero il guadagno ottenuto dal proprietario, viene tassata direttamente in sede di dichiarazione dei redditi inserendo la plusvalenza sotto la voce “redditi diversi”. Gli scaglioni, con le relative aliquote, sono individuati come segue:

  • per i redditi inferiori o pari a 15.000 euro, l’aliquota è fissata al 23%;
  • per i redditi compresi tra 15.001 e 28.000 euro, l’aliquota è del 27%;
  • per i redditi compresi tra 28.001 e 55.000 euro, l’aliquota è pari al 38%;
  • per i redditi compresi tra 55.001 e 75.000 euro, l’aliquota è del 41%;
  • per i redditi di valore superiore a 75.001 euro, l’aliquota è del 43%.

L’imposta sostitutiva, invece, prevede una tassazione sulla vendita dell’immobile separata con aliquota al 26%. Al fine di richiedere l’applicazione dell’imposta sostitutiva, è necessario un atto del notaio, per cui possono essere previste ulteriori imposte per l’Agenzia delle Entrate nell’ambito dello svolgimento delle pratiche relative alle tasse per la vendita della casa.

Quando bisogna pagare le tasse sulla vendita della casa?

Quando si tratta di tasse per la vendita della casa è necessario fare un’importante distinzione tra:

  • la vendita della casa prima che siano trascorsi 5 anni dall’acquisto;
  • la vendita della casa dopo 5 anni dall’acquisto.

Nel primo caso, pagare le tasse sulla vendita dell’immobile è obbligatorio. La ragione per cui il Fisco impone il pagamento delle tasse sulla vendita della casa riguarda il rischio di speculazione derivante dalla plusvalenza. Se il proprietario intende speculare sulla vendita, interviene la tassazione sul guadagno ottenuto.

Nel secondo caso, se il proprietario che intende vendere possiede l’immobile da più di cinque anni, è esonerato dall’obbligo del pagamento delle imposte. Oltre a questa eventualità, vi sono ulteriori circostanze in cui non è necessario pagare le tasse sulla vendita della casa, ovvero:

  • quando il proprietario ha acquistato la proprietà mediante successione ereditaria;
  • quando il proprietario ha acquistato la proprietà mediante donazione;
  • quando il proprietario ha assunto come residenza l’immobile che desidera vendere per oltre metà del tempo decorrente dalla data di acquisto.

Pertanto, l’obbligo di pagare le tasse sulla vendita dell’immobile è individuato sulla base di diversi criteri, come il tempo trascorso dalla data di acquisto, la modalità di acquisto dell’immobile e la persona che ha vissuto all’interno dell’immobile.

Le imposte da pagare per vendere la prima casa

Le tasse sulla vendita dell’immobile vengono distinte a seconda che si tratti della prima casa acquistata o della seconda casa. Le tasse di vendita della prima casa dipendono dal momento in cui si procede alla cessione della casa. Nello specifico:

  • se la vendita avviene dopo che siano trascorsi 5 anni dall’acquisto, il proprietario è esente dal pagamento del sistema di tassazione della vendita dell’immobile;
  • se la vendita avviene prima che siano trascorsi 5 anni dall’acquisto, le tasse di vendita dell’immobile sulla plusvalenza sono obbligatorie, a meno che non si tratti di un immobile in cui il proprietario ha avuto residenza per la maggior parte degli anni o qualora lo stesso proprietario abbia ricevuto la casa in donazione o tramite successione ereditaria.

Inoltre, se al momento dell’acquisto il proprietario ha usufruito di agevolazioni per la prima casa, la plusvalenza generata dalla vendita prima che siano trascorsi 5 anni comporta la perdita del beneficio tramite il pagamento delle tasse di vendita sulla prima casa.

Le imposte dovute per la seconda casa

Secondo un meccanismo simile a quello previsto per le prime case, la vendita della seconda casa dopo 5 anni non è soggetta all’obbligo di pagamento delle imposte e, al contrario, la vendita della seconda casa prima dei 5 anni comporta il pagamento delle tasse di vendita della casa.

Qualora la vendita della seconda casa prima che siano trascorsi 5 anni dall’acquisto comporti una plusvalenza, l’entità delle tasse di vendita della seconda casa dipende sempre dal regime di tassazione scelta, la tassazione ordinaria o l’imposta sostitutiva.

Le tasse sulla vendita di immobile fra privati, nel caso dell’acquisto delle seconde case esenti da agevolazioni, comporta il pagamento di un’imposta di registro del 9% del prezzo d’acquisto o del valore catastale oltreché l’imposta ipotecaria e catastale del valore totale di 100 euro. Anche in questo caso, i costi possono essere divisi tra vecchio e nuovo proprietario dell’immobile.

Come funzionano le tasse di vendita di un immobile ereditato?

Le norme vigenti sono sensibilmente diverse se si tratta del calcolo delle tasse per chi vende una casa ereditata. Per cui la prima cosa da fare è procedere con la dichiarazione di successione. A differenza dei casi precedentemente analizzati, la vendita di un immobile ereditato prima dei 5 anni non prevede l’obbligo di pagamento delle tasse di vendita.

Nel caso opposto, ovvero dopo i 5 anni, è necessario pagare le tasse di vendita della seconda casa ereditata. Tuttavia, la base imponibile può essere calcolata utilizzando il metodo del prezzo-valore. In altre parole, per capire quanto costa vendere una casa ereditata è necessario fare distinzione tra i momenti della vendita e procedere con la dichiarazione di successione.

 

Quanto tempo ci vuole per vendere una casa?

Il proprietario dell’immobile desidera concludere la vendita nel minor tempo possibile, nella realtà però, subentrano diverse variabili difficilmente prevedibili. I fattori che influiscono sulle tempistiche di vendita sono differenti: il mercato, il servizio e il prezzo sono gli elementi principali che determinano in quanto tempo è possibile vendere una casa.

I fattori che influenzano le tempistiche di vendita di un immobile sono:

  • la posizione dell’immobile;
  • il tipo di immobile;
  • la condizione della casa;
  • il prezzo di vendita;
  • il mercato immobiliare;
  • la stagionalità;
  • la fortuna.

Posizione dell’immobile 

La posizione dell’abitazione è un elemento rilevante, influenzando la tempistica di vendita. Ogni luogo ha le sue peculiarità, e possiamo contraddistinguere alcune macro-categorie, tra cui:

  • grandi città: solitamente una casa situata in grandi metropoli come Milano, Roma, e Firenze, è vendibile senza troppe difficoltà. Inoltre, anche le zone limitrofe e ben collegate con i trasporti sono terreno fertile di vendita;
  • luoghi turistici: luoghi di mare o di montagna sono allettanti per i compratori, nonostante le tasse sulle seconde case e il desiderio da parte delle nuove generazioni di trascorrere le vacanze sempre in luoghi differenti, non volendo avere un posto fisso;
  • poli industriali e universitari: gli immobili in queste zone sono molto richiesti, compreso chi, ha in progetto di acquistare l’abitazione per poi affittarla a lavoratori e studenti;
  • zone periferiche: nelle aree che non presentano particolari attrazioni, vendere una casa potrebbe richiedere tempi più lunghi.

Nelle zone periferiche, si registra una costante diminuzione di popolazione, riflettendosi anche sui tempi necessari di vendita.

Inoltre, la presentazione della casa è molto importante per la sua vendita. Una casa ben presentata può essere venduta rapidamente, mentre una mal presentata può rimanere sul mercato per mesi. Con poche migliorie, come svuotare, rimuovere gli oggetti inutili, tinteggiare, inserire punti luce strategici e piccoli dettagli d’arredo, è possibile rendere la casa più attraente per i potenziali acquirenti.

Il prezzo di vendita

Il prezzo è un elemento molto significativo nella tempistica di vendita. Per questo motivo, Nel caso in cui non si avesse fretta di vendere l’abitazione, si potrebbe richiedere un sovrapprezzo. Solitamente però, questa strategia non funziona, in quanto l’attesa spesso si riflette in una perdita economica, di conseguenza è consigliabile venderla il prima possibile.

Le fasce di prezzo sono 3:

  • fascia di prezzo rivolta agli speculatori immobiliari;
  • fascia di prezzo che rispecchia il reale valore di mercato;
  • fascia di prezzo a cui è disposto pagare solo chi si innamora dell’abitazione.

Vendere agli speculatori immobiliari non richiede troppo tempo, specialmente se ci si trova in una grande città, viceversa per cedere un’abitazione al di sopra del valore di mercato, è possibile che la tempistica si raddoppi.

Condizioni di mercato e stagionalità

Il mercato immobiliare è ciclico, ciò significa che ci sono periodi in cui il mercato è caldo, viceversa ci sono momenti in cui è più difficile vendere. Lo stato di salute del mercato immobiliare è visibile anche dal tempo di vendita di un’abitazione; infatti, un mercato caldo ha una domanda alta, offerta bassa e prezzi in crescita, sicuramente in questo caso il venditore è avvantaggiato.

Fortuna

La fortuna è un ulteriore elemento da prendere in considerazione quando si vende un immobile, può essere che la casa abbia un prezzo sopra la media ma qualcuno se ne innamori e sia disposto a pagarla con un sovrapprezzo, viceversa potrebbe essere la casa perfetta ma non essere notata e non ricevere il giusto riconoscimento.

Quanto tempo ci vuole per vendere una casa?

Prevedere quanto tempo richiede la vendita di una casa non è così semplice, per vendere un immobile bisogna:

  • avere parametri positivi e adottare una strategia vincente, in questi casi potrebbe richiedere qualche settimana fino a due mesi;
  • se la situazione è nella media passano dai tre ai sei mesi;
  • nel caso in cui i parametri non fossero favorevoli, si potrebbe impiegare da sei mesi ad un anno. Il suggerimento è quello di rivedere la strategia di vendita, il prezzo o la comunicazione;
  • ottimizzare il processo di vendita è essenziale nei casi in cui i tempi superino l’anno;

Infine, se la casa è in vendita da oltre due anni e non c’è ancora stato nessun potenziale acquirente disposto a comprarla, probabilmente il prezzo è fuori mercato o la strategia di vendita è sbagliata, ma nulla che non si possa risolvere sistemando i parametri.

Sette diversi modi per acquistare casa

 

Se acquistare casa resta il sogno degli italiani, è anche vero che non sempre si hanno i fondi necessari per farlo. Ecco allora qualche consiglio per comprare casa, se non proprio senza soldi, almeno avendo una disponibilità di liquidi minima. Per coronare un sogno anche se non si è esattamente ricchi come Paperone.

Acquistare la prima casa con un mutuo

Tendenzialmente per comprare una casa di medie dimensioni occorre preventivare una spesa minima di 150-200 mila euro, ovviamente a seconda della zona in cui ci si trova.

La strada più semplice può essere quella del mutuo, in un momento in cui i tassi sono estremamente favorevoli e il rimborso delle rate risulta quindi poco costoso; ma è anche vero che è difficile trovare un mutuo che finanzi tutta o gran parte della cifra da sborsare, in assenza di adeguate garanzie.

Bisogna considerare che, se pur si riesce ad ottenere un mutuo che copre l’80% del costo dell’immobile, significa dover anticipare il 20% della cifra; per un immobile da 200 mila euro parliamo di 40 mila euro (ovvero per lo meno due anni di stipendio per un giovane), al netto delle altre spese legate alla pratica del mutuo e dell’acquisto in sé.

Come comportarsi allora? Quali altre alternative considerare per comprare casa senza avere soldi?

 

Mutui acquisto casa al 100%

Se non si dispone di tutti i soldi necessari per comprare casa, si può considerare di stipulare un mutuo al 100 per cento.

Sebbene non tutte le banche siano disposte a finanziare più dell’80% del prezzo della casa o del suo valore stimato, alcune sono più flessibili nelle condizioni e possono raggiungere il 90 o il 95 per cento.

Nonostante l’offerta sia molto limitata, esistono anche mutui che finanziano il 100% dell’operazione, sebbene le banche di solito stabiliscano tassi di interesse più elevati rispetto ai prestiti standard a causa del rischio che comportano.

Di solito inoltre, a maggiore garanzia, richiedono l’acquisto di prodotti aggiuntivi, come l’assicurazione contro la perdita del lavoro o contro altre circostanze che possono impedire il pagamento del mutuo.

 

Mutuo prima casa con garante

Un’altra possibilità è disporre di qualcuno che si presti a fare da garante per il mutuo prima casa. In questo caso si possono stipulare mutui anche al 100 per cento, ma con la garanzia, da parte delle banche, che il garante possa subentrare nei pagamenti qualora il mutuatario non dovesse farcela con le sue sole forze.

 

Mutuo prima casa con garanzia statale

 La prossima legge di Bilancio ha confermato la misura che consente ai giovani under 36 con Isee inferiore a 40 mila euro di chiedere un mutuo con garanzia statale fino all’80 per cento.La misura verrà prorogata fino al 2023, con possibilità di giungere fino al 100 per cento e di ottenere nuovi sgravi fiscali relativi alle imposte legate alla pratica e alla compravendita della prima casa.

Integrare il mutuo di acquisto casa con un prestito personale

 Un modo per poter comprare casa senza avere sufficienti risparmi è quello di richiedere un prestito personale alla stessa banca o finanziaria che ci concede il mutuo, o con una diversa, per ottenere l’importo residuo.Tuttavia, questa opzione comporta dei rischi e richiede di effettuare correttamente i calcoli in anticipo in modo che il cliente possa assicurarsi di essere in grado di pagare contemporaneamente il prestito e il mutuo, per evitare il sovraindebitamento.Inoltre alcune banche possono negare il mutuo se vedono che i risparmi conferiti provengono da un prestito personale recente, quindi il cliente potrebbe ottenere il prestito personale, ma vedersi negare il mutuo.

 

Acquistare una casa in costruzione

 L’opzione di acquisto casa da un costruttore consente di acquistare la casa prima che sia finita, o anche prima che la costruzione sia iniziata, il che permette di pagare le rate poco alla volta fino a raggiungere quel 20% del prezzo che mediamente le banche non finanziano con il mutuo.

Si risparmia inoltre sulle imposte e risparmiare per pagare le tasse: acquistando da soggetto costruttore la prima casa, con le agevolazioni attuali, si potrà versare un’imposta di registro del 2% e un’Iva del 4% (anziché del 10)

 

Affitto con riscatto

 In linea di massima, la formula dell’affitto con riscatto consiste nella sottoscrizione di un contratto di locazione che garantisca che, trascorso un certo periodo di tempo, l’acquirente abbia diritto di acquistare la casa ad un prezzo preventivamente concordato con il proprietario, scontando l’importo che ha pagato tramite il canoni mensili fino a quel momento.

Questa opzione presenta vantaggi sia per l’inquilino e futuro acquirente, sia per l’attuale proprietario della casa. L’inquilino, ad esempio, ha la tranquillità che, se i piani alla fine non andranno come previsto, il suo impegno sarà limitato all’interruzione del contratto di locazione, con ciò che ne consegue.

Un ulteriore vantaggio è quello che, vivendo in affitto, si conoscerà perfettamente la casa e si potrà valutare correttamente se l’acquisto valga la pena o meno.

Dal lato del locatore, e futuro venditore, il vantaggio è il ricevere una rendita in attesa della vendita, il che è positivo rispetto ad avere una casa ferma sul mercato perché, magari, si trova in zone in cui le compravendite sono poco dinamiche.

Scopri le 20 case in affitto con riscatto attualmente disponibile su idealista.

 

Acquistare immobili di proprietà delle banche in vendita

Un modo per accedere a una casa nonostante la mancanza di risparmi è acquistare un appartamento di proprietà di una banca. Sulla scia della crisi del 2008, le banche hanno accumulato una grande quantità di capitale sotto forma di case.

 

La nuda proprietà spiegata in 10 passi

1. Cos’è la nuda proprietà?

La nuda proprietà è il valore dell’immobile decurtato dell’usufrutto. Quindi in parole semplici, vendere la nuda proprietà significa vendere il proprio immobile, ma tenendo per sé il diritto di viverci per tutta la vita

2. Quali sono i vantaggi della nuda proprietà per chi vende?

Chi vende la nuda proprietà dell’immobile si riserva il diritto di abitare e godere l’immobile per tutta la vita, incassando subito un capitale che può aiutarlo a vivere meglio, in tranquillità, oppure aiutare i suoi figli a comprare una casa e/o avviare un’azienda.

3. E per chi compra?

Chi compra la nuda proprietà acquista un immobile oggi, a un prezzo agevolato, in base all’età dell’usufruttuario. Durante il periodo in cui l’usufruttario rimane in casa, la nuda proprietà si rivaluta doppiamente: sia grazie all’incremento del valore di mercato dell’immobile, sia grazie all’avanzamento dell’età dell’usufruttario

4. Chi è l’usufruttuario?

L’usufruttario è chi, una volta ceduta la nuda proprietà di un immobile, ha il diritto di goderne l’uso per tutta la vita o entro un periodo determinato in fase di contratto. L’usufruttuario può essere una persona sola oppure due coniugi. Se vuole, l’usufruttuario può anche affittare l’immobile o vendere l’usufrutto a terze persone nei limiti dei termini previsti nel contratto della vendita della nuda proprietà. Eventualmente, l’usufrutto è trasferibile ai terzi sempre nei limiti previsti nel contratto della vendita della nuda proprietà, oppure in accordo con il nudo proprietario post-contratto

5. Chi è il nudo proprietario?

Il nudo proprietario è chi ha il diritto di proprietà su un immobile, ma non il diritto di goderne l’uso. Il nudo proprietario ha la facoltà di trasferire a terzi in qualsiasi momento la nuda proprietà dell’immobile stesso, potendo nel caso realizzare un guadagno perché l’immobile può essersi rivalutato, e contemporaneamente, trascorso il tempo, sarà aumentata l’età dell’usufruttuario

6. Si può vendere anche la nuda proprietà di una seconda casa o di una casa affittata?

Sì, tutti i vantaggi rimangono gli stessi. Nel caso in cui la casa sia affittata, l’usufruttuario continuerà a percepirne gli affitti

7. Com’è calcolato il prezzo di vendita?

Partendo da una perizia professionale del valore del mercato dell’immobile redatta dai nostri professionisti locali su tutto il territorio italiano, si applica un coefficiente secondo l’età dell’usufruttario (abitante/i) della casa. Questi coefficienti sono redatti periodicamente dal ministero delle finanze e sono basati sulle aspettattive di vita statistica in Italia e sul tasso di interesse legale in vigore. In ogni caso il prezzo di vendita, una volta ascoltati i suggerimenti di casanuda.it è stabilito dal venditore

8. Chi paga le spese, l’ici e l’ irpef?

Generalmente le spese di manutenzione ordinaria dell’abitazione sono a carico dell’usufruttario (custodia, amministrazione, manutenzione generale). L’usufruttario è tenuto a mantenere l’immobile in buono stato, senza danneggiarlo o modificarlo all’insaputa del nudo proprietario. Così come le spese straordinarie (le spese strutturali) sono a carico del nudo proprietario

Ciò può essere comunque oggetto di trattativa tra le parti. Giuridicamente si afferma che il pagamento dell’ici (ma anche dell’irpef) è a carico di chi ha la disponibilità del bene, proprio perché gode di un diritto reale. L’articolo 1008 del codice stabilisce infatti che ” l’usufruttuario è tenuto, per la durata del suo diritto, ai carichi annuali, come le imposte, i canoni, le rendite fondiarie e gli altri pesi che gravano sul reddito.”

9. Cosa significa usufrutto a tempo e come si calcola?

L’usufrutto a tempo è la possibilità di usufruire dell’immobile del quale si è ceduta la nuda proprietà per un periodo di tempo predeterminato e quindi non legato all’età dell’ usufruttuario. Casanuda.it consiglia di calcolare il valore commerciale dell’ usufrutto a tempo scontando gli anni della durata dello stesso dall’aspettativa di vita media indicata dall’ istat che oggi si aggira intorno agli 85 anni, facendo quindi riferimento alle normali tabelle per il calcolo della nuda proprietà. Ad esempio il valore della nuda proprietà di un immobile con un usufrutto a tempo della durata di 10 anni viene calcolato come se l’usufruttuario avesse 75 anni e di conseguenza la nuda proprietà ha il valore commerciale pari al 65% del valore della piena proprietà.
Qualora l’usufruttuario decedesse durante il periodo in cui l’usufrutto a tempo fosse ancora in vigore, l’usufrutto e la nuda proprietà si congiungerebbero nella piena proprietà e l’immobile entrerebbe nella piena disponibilità del nudo proprietario.

Direttiva europea sulla classe energetica, niente stop di vendita o affitto delle case meno efficienti

Dal 2030 nuove case solo a zero emissioni, dal 2050 obbligo su tutte!

 

I ministri dell’Energia dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo sulla revisione della direttiva sulle caratteristiche energetiche degli edifici, che prevede l’obbligo di “zero emissioni” su tutti gli immobili residenziali di nuova costruzione già dal 2030, assieme a un percorso per raggiungere sempre questa soglia di zero emissioni su tutte le case per il 2050.

Il piano prevede tappe sulle soglie minime di efficienza energetica anche per l’edilizia non abitativa, con dei livelli da raggiungere fissati al 2030 e al 2034.

Classe energetica immobili residenziali

Per gli immobili residenziali l’accordo tra i ministri Ue prevede delle “tappe di controllo” su un percorso di adeguamento allo standard di zero emissioni che andrà avanti dal 2025 fino al 2050. Dal 2033 diventerà obbligatoria una classe energetica “D” per tutti gli edifici. Dal 2040 sarà obbligatoria una classe che verrà determinata a livello nazionale con un graduale percorso di miglioramento fino al 2050.

Classe energetica, nuova categoria A0

È stato poi concordato di aggiungere la nuova categoria “A0” alla classe energetica certificata degli edifici che corrisponde a zero emissioni. Inoltre si potrà utilizzare la nuova categoria “A+” su edifici a zero emissioni che hanno un contributo positivo netto da rinnovabili sulla generazione elettrica che viene immessa nella rete. Al momento la scala energetica va da “A”, il livello più elevato, a “G”, il più basso.

Il ministro ceco non ha minimamente menzionato un aspetto fortemente controverso che era stato oggetto di forti critiche nelle prime proposte di intervento sulla classe energetica degli edifici. Ovvero l’impossibilità di effettuare compravendite di locali o immobili ove non dotati dell classe minima energetica richiesta. Non è tuttavia da escludere che in sede negoziale con l’Europarlamento questo elemento problematico possa riemergere.

Classe energetica Ue, conseguenze

Il tutto rischia di assestare un ulteriore colpo al settore dell’edilizia in una fase già molto delicata. La manovra di rialzo dei tassi di interesse avviata dalla Bce, con ripetute accelerazioni in riposta all’alta inflazione, sta già avendo pesanti ricadute sui mutui per l’acquisto di immobili. Proprio oggi l’indagine trimestrale condotta dalla stessa istituzione monetaria ha riportato che una banca su tre nell’area euro ha riferito di netti inasprimenti dei criteri di concessione di prestiti per l’acquisto di casa alle famiglie. E nel terzo trimestre, intanto, sono calati i livelli di domanda dei mutui da parte dei consumatori.

Il tutto ancor prima di questa stangata che rischia di verificarsi sulla classe energetica degli edifici, che potrebbe comportare forti spese per mettere a norma gli edifici, in una fase in cui la domanda di dispositivi e sistemi di efficientamento energetico è già satura. In particolare nella Penisola anche a seguito degli ultimi meccanismi di incentivazione (in particolare il “superbonus” al 110%).

 

Nessun divieto di vendita e locazione dal 2030 per le case che non raggiungano determinati requisiti di efficienza energetica. La tanto discussa direttiva europea sulla classe energetica degli immobili non impone infatti lo stop di cui si è parlato nei giorni scorsi, ma stabilisce l’obbligo di ammodernare dalla classe G alla F il 15% del patrimonio edilizio con le prestazioni peggiori di ciascuno Stato Ue entro il 2027 per gli edifici non residenziali ed entro il 2030 per gli edifici residenziali.

Direttiva sull’efficienza energetica, le parole del vicepresidente della Commissione europea

Parlando in italiano nel corso della conferenza stampa con cui è stata presentata la proposta sull’efficienza energetica degli immobili, il vicepresidente della Commissione europea, l’olandese Frans Timmermans, ha detto: “Bruxelles non vi dirà che non potete vendere la vostra casa se non è ristrutturata e nessun burocrate di Bruxelles confischerà la vostra casa se non è ristrutturata. Il patrimonio culturale è protetto e le case estive possono essere esentate. La nostra proposta non contiene alcun divieto di vendita o affitto per gli edifici che saranno qualificati nella classe G, cioè per quel 15% degli edifici identificati come quelli con la peggiore efficienza energetica nel singolo Paese”.

Direttiva europea sulle case, gli obiettivi

Secondo la direttiva europea sulla classe energetica (Epbd), “il 15 per cento del patrimonio edilizio con le prestazioni peggiori di ciascuno Stato Ue dovrà essere ammodernato dalla classificazione energetica G alla classe F entro il 2027 per gli edifici non residenziali ed entro il 2030 per gli edifici residenziali”. Questo significa che ciascuno Stato membro dovrà individuare il 15% del proprio patrimonio edilizio con le peggiori prestazioni energetiche e portarlo dalla classe G alla F entro il 2027 in caso di edifici non residenziali ed entro il 2030 in caso di edifici residenziali.

L’obiettivo della proposta di direttiva sulla performance energetica degli edifici presentata dalla Commissione europea è quello di decarbonizzare il parco immobiliare Ue entro il 2050.

Compravendita ed errata classe energetica, cosa accade

Il Tribunale di Trani si è espresso in tema di compravendita ed errata classe energetica, spiegando cosa accade in seguito alla perdita di valore dell’immobile che ne deriva. Vediamo quanto precisato.

Con la sentenza n. 1955/2022 del 30 dicembre, il Tribunale di Trani ha sottolineato che, se in sede di stipula del contratto definitivo di compravendita immobiliare viene accertato che la reale classe energetica dell’immobile non corrisponde a quella dichiarata nell’Attestato di prestazione energetica (Ape), con conseguente perdita del valore dell’immobile acquistato, il compratore ha diritto al risarcimento del danno.

Nella sentenza è specificato che la classe energetica riscontrata inferiore rispetto a quella dichiarata determina “una perdita di valore dell’immobile acquistato, perdita che deve trovare ristoro nei termini fissati, e condivisi, dal nominato Ctu. Infatti, se le parti avessero conosciuto fin dal primo momento la corretta classe energetica avrebbero sicuramente pattuito un prezzo diverso da quello effettivamente pagato”. Questo vuol dire che il compratore dell’immobile che risulta essere di una classe energetica inferiore rispetto a quella dichiarata ha diritto al risarcimento del danno.

Che cos’è l’Attestato di prestazione energetica

Si ricorda che l’Attestato di prestazione energetica è un documento che definisce le caratteristiche energetiche di un edificio, di un appartamento o un’abitazione ed è necessario nel momento in cui si intende vendere o affittare la propria casa.

Secondo la normativa, i proprietari sono obbligati a redigere l’Attestato di prestazione energetica quando:

  • l’intero edificio è destinato alla vendita o alla locazione;
  • la singola unità immobiliare è destinata alla vendita o alla locazione;
  • l’edificio o la singola unità immobiliare sono destinati alla donazione;
  • l’immobile è stato appena costruito o sottoposto a ristrutturazione importante.

 

 

La classe energetica della tua casa: come calcolarla, migliorarla e i costi

Dal 2005 è obbligatoria la certificazione energetica per le abitazioni, un documento essenziale in svariati contesti e situazioni immobiliari. Per differenziare le classi energetiche delle case, vengono utilizzati gli indicatori: A4, A3, A2, A1, B, C, D, E, F, G, dove la classe energetica A4 è quella più performante, mentre la G quella meno efficiente.

Che cos’è la classe energetica di un immobile?

 La classe energetica di un immobile permette di conoscere, in maniera sintetica, il fabbisogno energetico di un edificio. I materiali di costruzione, la tipologia di infissi, l’impianto di riscaldamento, la produzione di acqua calda e il sistema di illuminazione, sono i criteri di assegnazione della classe energetica. Il documento ha una validità di 4 anni e l’attestato deve essere rilasciato da professionisti certificati.

È comunque possibile stimare la classe energetica della propria abitazione anche in assenza di un’apposita certificazione, considerando i criteri che determinano il calcolo, tra cui:

  • geometria ed esposizione dell’immobile;
  • tipologia di impianti;
  • presenza di impianti dotati di ventilazione meccanica.

Ma sicuramente, l’elemento più rilevante è la soluzione trovata per il riscaldamento invernale.

Come si calcola la classe energetica?

La classe energetica di una casa si determina in base alla somma dei singoli servizi energetici presenti nell’abitazione esaminata, espresso in kWh/mq/anno, facendo riferimento alla superficie utile. Per poter effettuare il calcolo senza errori, ci si può affidare a professionisti esperti, oppure utilizzare gli strumenti di calcolo disponibili gratuitamente online.

Come migliorare la classe energetica dell’appartamento?

Qualora la classe energetica della propria abitazione risulti particolarmente bassa è opportuno chiedersi: come migliorare la classe energetica della casa? Per ottimizzare la classe energetica è fondamentale effettuare degli interventi di efficientamento energetico, facendo affidamento sulle numerose agevolazioni fiscali messe a disposizione dal Governo. Tra le attività più vantaggiose ci sono:

  • migliorare l’isolamento termico attraverso la creazione di un cappotto termico esterno o interno, oppure rivedendo la struttura del tetto.
  • sostituzione degli infissi obsoleti con nuovi modelli in pdv che riducano la dissipazione del calore verso l’esterno.
  • progettare e installare un impianto di riscaldamento e invernale raffreddamento estivo performante, magari utilizzando sistemi ecologici con pompe di calore.
  • sfruttare al massimo la domotica residenziale per ridurre al minimo gli sprechi energetici.

Ciascuna delle soluzioni sopra citate comportano un investimento non indifferente, ma che può essere sostenuto alla luce della possibilità di recuperare una parte o l’interezza della spesa corrisposta attraverso le agevolazioni fiscali e con la prospettiva di ridurre i costi in bolletta. Per ottenere un risparmio del 90% circa, bisogna essere in possesso di una casa passiva e che non utilizza termosifoni e caldaie.

Classe energetica casa: la tabella

Arrivati a questo punto ci si potrebbe chiedere quali sono i valori di riferimento per ogni classe energetica. La classe energetica di una casa misura quanto sia efficiente in termini di consumo di energia elettrica, acqua e combustibili per il riscaldamento. Nella seguente tabella vengono indicate le classi energetiche più funzionali con i rispettivi consumi.

Classe energetica Consumo
Classe A4 < 0,40 EPgl
Classe A3 0,41 EPgl – 0,60 EPgl
Classe A2 0,61 EPgl – 0,80 EPgl
Classe A1 0,81 EPgl – 1,00 EPgl
Classe B 1,01 EPgl – 1,20 EPgl
Classe C 1,21 EPgl – 1,50 EPgl
Classe D 1,51 EPgl – 2,00 EPgl
Classe E 2,01 EPgl – 2,60 EPgl
Classe F 2,61 EPgl – 3,50 EPgl
Classe G > 3,51 EPgl

La classe energetica della tua casa cosa indica?

La classe energetica indica l’efficienza dell’abitazione in termini di consumo di energia, acqua e combustibili per il riscaldamento. Coloro che vivono in un edificio con una buona classe energetica ricevono bollette molto meno salate e riescono ad ottimizzare i consumi e riducendo al minimo gli sprechi, con un grande vantaggio in termini ambientali.

Non bisogna per altro sottovalutare che questo parametro è essenziale quando si decide di avviare una trattativa immobiliare; in questa sede una delle domande potrebbe essere “qual è la classe energetica per vendere casa?” Ecco, quindi, che la prestazione energetica diventa un elemento fondamentale quando si deve vendere casa soprattutto per la definizione del prezzo di cessione.

Classe energetica casa: A4

La classe energetica A4 è la classe più alta e per ottenerla è necessario che l’immobile sia costruito seguendo le norme della bioedilizia. Il comfort abitativo è garantito e i costi delle bollette sono ridotti.

Classe energetica casa: F

La classe energetica F ha gli impianti di riscaldamento obsoleti, il consumo è compreso tra 121 e 160 kWh/mq all’anno.

Classe energetica casa: G

La classe energetica G è un’abitazione con elevato consumo energetico poiché la struttura non aderisce ad alcun parametro di efficienza energetica.

Classe energetica casa: A3 e A2

Per la classe energetica A3 il consumo è compreso tra 0,40 e 0,60 kWh/m2anno, mentre per la A2 tra 0,60 e 0,80 kWh/mq l’anno, non differisce molto dalla A4.

Classe energetica della casa: chi la redige e quanto costa

L’Attestato di prestazione energetica viene rilasciato da un soggetto estraneo alla proprietà. I casi in cui deve essere redatto il documento sono:

  • compravendita immobiliare;
  • donazione immobiliare;
  • affitto di un’unità immobiliare;
  • vendita di nuove costruzioni;
  • ristrutturazione del 25% della superficie.

In linea generale, l’APE (Attestato di Prestazione Energetica) non ha un costo fisso e può costare tra i 100 e i 300 euro, la cifra precisa non è possibile indicarla in quanto il valore dipende dalla regione e dalla città in cui si vive.

Classe energetica casa: Europa

Dal momento che l’efficienza energetica è un tema caro a molti, e soprattutto in Europa, la comunità europea ha fissato alcuni obiettivi comuni, tra cui quelli relativi alla classe energetica delle case nel 2030. Le abitazioni in Europa dovranno garantire una classe energetica E entro il 2030. Sono previste esenzioni per gli edifici storici e le chiese.

Classe energetica: qual è la casa “migliore”?

Le case con maggior efficienza energetica sono quelle con classe: A4, A3, A2, A1, seguite dalle classi B, C, D, E, F, e infine la G, con il punteggio più basso.

Esempio di stima della classe energetica

Un appartamento collocato nel nord Italia con una superficie pari 120 mq dotato di impianto a riscaldamento autonomo, tra ottobre e marzo ha un consumo di 1300 metri cubi di metano, viceversa in estate il consumo è di 300 metri cubi.

1300 – (2 x 300) = 700 metri cubi è il calcolo che fornisce la stima dei metri cubi consumati per il riscaldamento. Il totale deve essere diviso per la superficie, in questo caso la classe energetica di questa abitazione è pari a B.

 

Rendita catastale dell’immobile: la guida completa

Calcolare il valore della rendita catastale della casa è un’operazione necessaria per conoscere l’ammontare effettivo delle imposte da pagare sulle proprietà immobiliari.

La rendita catastale è un valore fiscale attribuito ad ogni immobile registrato presso il Catasto. Conoscere questo dato sulla proprietà è importantissimo poiché da un lato, consente di calcolare in maniera corretta le tasse e le imposte relative ai beni immobiliari e, dall’altro, permette di ricavare il valore catastale dell’appartamento nel caso in cui vi sia il desiderio di venderlo a terzi.

  1. Cos’è la rendita catastale di una casa?
  2. Come si calcola la rendita catastale di un immobile?
  3. Rendita catastale e IMU
  4. Rendita catastale per l’ISEE
  5. Quando la rendita catastale è alta cosa comporta?
  6. Dove si vede la rendita catastale di un immobile?

Cos’è la rendita catastale di una casa?

Ogni immobile regolarmente registrato al Catasto, eccetto quelli con destinazione particolare (come ad esempio le stazioni per i servizi di trasporto o i ponti per cui è previsto un pedaggio) sono provvisti di un valore fiscale ben preciso: la rendita catastale. Generalmente, questo dato consente di:

  • calcolare il valore catastale dell’immobile;
  • individuare il valore erariale dell’immobile;
  • quantificare la base imponibile per le imposte dirette e l’Imposta municipale unica.

Sebbene vengano spesso utilizzati come sinonimi, è bene specificare che la rendita catastale ed il valore catastale sono due cose diverse, sia in termini di funzioni assolte che in termini di operazione di calcolo.

Il valore catastale viene individuato principalmente per ricavare l’ammontare delle imposte sulle successioni, le donazioni e quelle di registro relative alla casa, oltreché i tributi catastali e ipotecari. Per ottenere questo valore è necessario conoscere la rendita catastale, successivamente moltiplicata per i coefficienti catastali stabiliti in base alla destinazione d’uso dell’immobile e la categoria cui esso è ascrivibile. Il risultato, dunque, sarà la base imponibile su cui calcolare diverse tasse.

La rendita catastale dell’immobile, invece, può essere definita come il reddito dell’immobile individuato seguendo diversi parametri quali la dimensione e le tabelle di estimo dell’Agenzia delle Entrate. Pertanto, conoscere il valore della rendita catastale è funzionale alla ricerca del valore catastale dell’immobile e, in maniera indiretta, a capire quali sono i tributi sulle successioni, donazioni, quelli catastali, le imposte ipotecarie e di registro. Come vedremo, rendita catastale e calcolo dell’IMU sono strettamente legati.

Come si calcola la rendita catastale di un immobile?

Per effettuare il calcolo della rendita catastale è necessario moltiplicare il valore delle dimensioni totali degli immobili per la tariffa di estimo. Quest’ultima non è altro che una cifra specifica presente nelle tabelle dell’Agenzia delle entrate per la rendita catastale che identifica la destinazione d’uso dell’immobile, la categoria catastale e la zona censuaria in cui si ubica. Ai fini del calcolo della rendita catastale, la dimensione dell’immobile può essere espressa in vani, metri quadri, o metri cubi prendendo sempre in considerazione la categoria catastale cui l’immobile fa riferimento.

Infine, per ottenere il valore corretto ai fini dell’individuazione della base imponibile per le imposte è necessario operare una rivalutazione della rendita catastale del 5% (aliquota fissata rispetto alla categoria di appartenenza) ed una moltiplicazione dei coefficienti d’imposta.

Anche il calcolo della rendita catastale della seconda casa si ottiene prendendo in considerazione questi due valori anche se, probabilmente, si tratta di un’operazione cui riservare maggiore attenzione dal momento che spesso è solo su questo genere di immobili che i proprietari sono dovuti a pagare le imposte.

Rendita catastale e IMU

Quando si è in possesso di un immobile, è necessario calcolare la rendita catastale ai fini IMU. L’Imposta municipale unica o Imposta municipale propria è un tributo comunale che i proprietari di immobili sono tenuti a pagare per ogni casa, ad eccezione di quella adibita ad abitazione principale.

Per calcolare l’imu sui propri immobili è necessario essere in possesso della rendita catastale dell’immobile, del coefficiente catastale di categoria e dell’aliquota IMU individuata dal Comune in cui l’immobile è ubicato. Pertanto, per il calcolo dell’IMU si usa la rendita catastale rivalutata del 5% moltiplicata per il coefficiente catastale cui l’immobile è associato. Infine, è necessario applicare l’aliquota comunale al risultato ottenuto utilizzando la rendita catastale rivalutata ed il coefficiente di categoria.

Rendita catastale per l’ISEE

Conoscere il valore della rendita catastale è utile anche per redigere correttamente il riquadro F3 del documento ISEE poiché permette di individuare il valore corretto dei terreni ed i fabbricati di proprietà.

Per il calcolo del patrimonio immobiliare è di fondamentale importanza prendere visione della rendita catastale per ISEE di ciascun immobile e, più precisamente, delle visure catastali. Per portare a termine questa operazione è possibile recarsi presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate o gli sportelli catastali o, ancora, trasmettere una richiesta attraverso i servizi telematici dedicati alla rendita catastale dell’Agenzia delle Entrate.

Quando la rendita catastale è alta cosa comporta?

Come abbiamo visto, per giungere al valore corretto della rendita catastale dell’immobile è necessario, oltre a fare l’operazione matematica che comprende le dimensioni e le tariffe di estimo, operare una rivalutazione della rendita catastale. Ciò significa si deve moltiplicare la rendita catastale per le aliquote fissate in base alla categoria di appartenenza e successivamente moltiplicata per i singoli coefficienti di imposta (1,60 per l’IMU per esempio).

Quando la rendita catastale risulta troppo alta significa che probabilmente il valore non è stato aggiornato dal Catasto e si sta facendo riferimento ad una rendita catastale non rivalutata. Il Catasto è sempre a conoscenza dello stato dell’immobile e, in questo caso, è possibile richiedere la rivalutazione della rendita catastale tramite apposita istanza da inviare solo nell’eventualità che l’immobile si trovi in stato di degrado o di abbandono o qualora il proprietario ne abbia cambiato la destinazione d’uso.

Dove si vede la rendita catastale di un immobile?

La consultazione delle rendite catastali è un servizio fornito dai privati o dall’Agenzia delle Entrate presso gli uffici o sul sito ufficiale. Per risalire al valore corretto tramite la consultazione delle rendite catastali ci sono principalmente tre vie, ovvero la richiesta della:

  • visura catastale per immobile ovvero in base ai dati catastali del fabbricato o del terreno:
  • visura catastale per soggetto ovvero in base ai dati anagrafici del proprietario dell’immobile;
  • visura catastale per indirizzo ovvero sulla base del solo indirizzo legato all’immobile.

I dati necessari sono in generale la provincia in cui l’immobile è ubicato e gli identificativi catastali quali il Comune, la sezione, la particella ed il foglio. Sul sito dell’Agenzia delle Entrate sono disponibili tutti i dati relativi al Catasto, sia inerenti ai fabbricati che ai terreni. Per entrare in possesso del valore necessario alla determinazione delle imposte sull’immobile bisogna dunque richiedere la consultazione delle rendite catastali all’Agenzia delle Entrate.

Diritto di abitazione: cos’è, costituzione, decadenza, IMU e pignorabilità

 

L’articolo 1022 del Codice Civile sancisce il diritto di abitazione, noto anche come diritto reale che permette al beneficiario di abitare presso un bene immobile di proprietà di un altro soggetto per un preciso periodo di tempo. Questo beneficio può essere esteso alla famiglia del titolare e a soggetti che prestano servizio nell’abitazione.

Diritto di abitazione: cosa si intende?

Il diritto di abitazione nel Codice Civile è sancito dall’art. 1022 ed è definito come il diritto di vivere un bene altrui in maniera limitata al proprio bisogno; infatti, il soggetto titolare non può destinare l’immobile ad altri usi, per esempio utilizzandolo come ufficio o magazzino. L’abitazione, le terrazze e i giardini devono considerare i requisiti di abitabilità.

Le persone fisiche godono di questo diritto, viceversa le persone giuridiche ne sono escluse. Inoltre, viene esplicato nell’art. 1023 del Codice Civile, la possibilità di ampliare il diritto di abitazione anche ai figli nati anche dopo che è iniziato a valere il diritto e sono inclusi anche i figli adottivi e quelli riconosciuti. Anche i soggetti che prestano servizi alla famiglia beneficiano di questo diritto.

Cessione del diritto di abitazione

L’art. 1024 stabilisce che:

  • il titolare del diritto di abitazione può utilizzare la casa nei limiti delle sue esigenze e di quelle della sua famiglia;
  • l’edificio non può essere ceduto o dato in locazione.

Gli obblighi del titolare del diritto di abitazione

L’art.1025 definisce gli obblighi del titolare del diritto di abitazione, tra cui:

  • rispetto della destinazione economica;
  • avere cura della casa;
  • consegnare la casa in condizioni ottimali;
  • non cedere o dare in affitto l’abitazione.

Infine, il titolare ha il dovere di eseguire la manutenzione ordinaria di cui ne sostiene interamente le spese.

Quando decade il diritto di abitazione?

La durata del diritto di abitazione è limitata e la sua estinzione è riconducibile a numerosi fattori, gli elementi principali che determinano l’estinzione del diritto di abitazione sono:

  • morte del titolare;
  • rinuncia del titolare presso l’immobile in oggetto;
  • scadenza del contratto: la scadenza del termine ne determina la fine;
  • perimento del bene: conseguente ad un crollo o alla demolizione;

L’estinzione del diritto può avvenire anche per consolidazione, cioè quando il titolare del diritto diventa proprietario del bene. Nel momento in cui decade il diritto di abitazione, l’habitator deve restituire l’abitazione al legittimo proprietario nelle medesime condizioni in cui l’ha ottenuto.

Diritto di abitazione e IMU, chi paga?

Quando si parla di diritto di abitazione chi paga l’imu? Il titolare del diritto di abitazione è tenuto a pagare l’Imu anche nel caso si tratti di prima casa quando sono edifici che rientrano nella categoria catastale A1, A8 e A9. Il saldo dell’Imu avviene anche sulle pertinenze.

C’è l’esenzione Imu prima casa per il diritto di abitazione? È possibile beneficiare dell’esenzione solo se la prima casa appartiene alle categorie catastali dalla A2 alla A7. Infatti, secondo la norma sull’Imu 2021, i proprietari di immobili ubicati sul territorio italiano e i soggetti che risultano titolari di diritti reali di godimento su beni immobili, sono tenuti a pagare la tassa.

Diritto di abitazione e coniuge superstite

In caso di morte del titolare di un diritto di abitazione, il coniuge superstite non proprietario gode ancora dei diritti di abitazione dell’edificio destinato a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano. I titolari del diritto di abitazione sono soggetti passivi dell’imposta, per questo motivo il coniuge superstite è passivo di Imu. Se si tratta di abitazione principale, il coniuge superstite che risiede non deve pagare la tassa.

È possibile la vendita dell’immobile con diritto di abitazione per il coniuge superstite? I diritti di abitazione e di uso non possono essere ceduti o dati in locazione ad altri. Inoltre, si può verificare la perdita del diritto di abitazione del coniuge superstite nel caso in cui ci sia la revoca giudiziale: il giudice decide che l’ex coniuge non può più conservare il diritto di vivere nella casa coniugale.

Le differenze tra diritto di abitazione e usufrutto

Il diritto di abitazione, a differenza dell’usufrutto presenta maggiori limiti, infatti è valevole solo per la casa, mentre il diritto di usufrutto vale anche per immobili di varia natura. La difformità maggiore riguarda la possibilità di cedere il diritto: con l’usufrutto il titolare del diritto può dare in affitto il bene, stipulare un’ipoteca e può essere pignorabile, viceversa per il diritto di abitazione non è lecito sfruttare la casa per ottenere un guadagno, inoltre non è pignorabile.

Diritto di abitazione e pignorabilità: è possibile?

Il diritto di abitazione presume la possibilità di godere di cose altrui, e con questo il titolare si riserva il diritto di vivere in casa, soddisfando i propri bisogni e quelli della famiglia. Il diritto di abitazione non si può pignorare o ipotecare, proprio per questo prima di procedere con il pignoramento, il diritto viene trascritto nei registri immobiliari e lo stesso è opponibile al creditore pignorante. Pertanto, il creditore ha la possibilità di pignorare la nuda proprietà della casa, che successivamente viene venduta all’asta, e in tal caso continua ad essere gravata dal diritto di abitazione.

Deprezzamento dell’immobile, quando si può chiedere il risarcimento del danno?

L’acquirente ha facoltà di pretendere il risarcimento del danno da deprezzamento dell’immobile nei confronti del venditore e/o del costruttore nel caso in cui terrazze, bagni, ripostigli e corridoi non siano protetti da rumori molesti, quindi insonorizzati, in base a quanto previsto dalla normativa tecnica in vigore. A chiarirlo la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 5487 dello scorso 22 febbraio 2023. Vediamo quanto chiarito nello specifico.

Un caso in cui si può richiedere il risarcimento del danno da deprezzamento dell’immobile

La Cassazione ha spiegato che, nel rispetto della normativa tecnica in vigore, anche terrazze, bagni, ripostigli e corridoi devono essere adeguatamente insonorizzati. In caso contrario, l’acquirente può richiedere il risarcimento del danno da deprezzamento dell’immobile nei confronti del venditore e/o del costruttore.

In particolare, la Cassazione ha spiegato che le terrazze devono essere insonorizzate non in quanto tali, ma perché attraverso di esse si possono propagare dei rumori che rendono più fastidioso soggiornare nei singoli appartamenti, diminuendone di conseguenza il valore.

Per quanto riguarda i locali come i bagni, i corridoi e i ripostigli, la Cassazione ha ricordato che essi fanno parte delle abitazioni e che la normativa tecnica in materia di insonorizzazione dei locali abitativi può essere applicata all’unità abitativa nella sua interezza, dal momento in cui la sua applicazione è finalizzata a evitare l’esposizione delle persone a rumori tali da pregiudicare lo svolgimento della loro normale attività quotidiana.

Dal pignoramento all’asta: cosa succede e come evitarlo

 

Come inizia il processo di pignoramento

Il pignoramento, è l’atto con cui inizia il percorso di espropriazione forzata di un bene mobile o immobile a tutela di un creditore, quando il debitore è insolvente. Il passaggio non è mai automatico ma deve esserci un’istanza da parte del creditore.

Il primo passo verso il pignoramento è un debito insoluto, che si è cercato invano di ripagare. A questo segue un titolo esecutivo a cui fa seguito un atto di precetto e poi il pignoramento vero  e proprio. Il pignoramento viene trascritto dopo 10 giorni dall’atto di precetto nei pubblici registri della Conservatoria e dura per tutta la procedura esecutiva. La trascrizione viene cancellata con il decreto di trasferimento da parte del giudice delle esecuzioni.

Il titolo esecutivo è il documento che dà il via all’esecuzione forzata, e va notificato sempre al debitore insieme o separatamente rispetto all’atto di precetto. Può essere giudiziale (sentenza, decreto ingiuntivo) o stragiudiziale (titolo di credito, scrittura privata autenticata).

L’atto di precetto è l’intimazione, recapitata al domicilio del debitore, a soddisfare il debito entro e non oltre i dieci giorni dalla ricezione. Contiene anche l’invito a ricorrere ad un organismo di composizione della crisi per avere aiuto nella gestione della situazione.

Quali tipi di sofferenze esistono

Esistono tre tipi di debito, che in terminologia bancaria si chiamano esposizioni deteriorate (Non performing exposures, NPE): i debiti “past due”, ovvero scaduti da oltre 90 giorni; i debiti UTP (Unlikely to pay), ovvero quelli che difficilmente saranno saldati, e i debiti NPL (Non performing loans), cioè quelli che, nonostante i tentativi di essere riportati in bonis, non sono stati rimborsati ed entrano quindi a tutti gli effetti nella procedura esecutiva.

Tipologie di pignoramento

Quando un debito entra in procedura, esistono tre tipi di pignoramento: mobiliare (ovvero sui beni mobili come arredi, gioielli, auto ecc), immobiliare ( su beni immobili) o presso terzi (ovvero sui conti correnti e su redditi o pensioni). In caso il bene immobile pignorato sia quello di residenza del debitore e della sua famiglia, il suo rilascio non può essere disposto prima della pronuncia del decreto di trasferimento.

Alcune categorie di beni sono impignorabili per il loro valore morale o per l’indispensabilità nella vita quotidiana, come crediti alimentari, assegno maternità o di povertà, oggetti di culto, fedi nuziali ecc. Anche la prima casa è impignorabile, ma solo dal fisco (che può però trascrivere ipoteca); altri creditori possono pignorare anche la prima casa.

 

Quando il bene pignorato va all’asta

Quando il bene mobile o immobile pignorato viene messo all’asta, secondo la legge 132/2015, che elimina le aste con incanto, è possibile offrire il 25% in meno della base d’asta. Nel caso l’asta vada deserta, la successiva asta avrà una base di partenza che sarà già inferiore del 25% rispetto al primo prezzo di partenza, e potrà essere ribassato di un ulteriore 25%. Questo è stato stabilito per invogliare gli acquirenti a partecipare.

Come partecipare all’asta

La gara vera e propria avviene in via telematica in tre modalità: sincrona, asincrona e sincrona mista. Sincrona significa che tutti glia spiranti acquirenti sono presenti nello stesso momento, in collegamento, quando si aprono le buste in modalità digitale. Sincrona mista è una modalità sempre telematica con in aggiunta una parte in presenza. L’asta asincrona è a tempo: c’è un giorno di inizio e uno di fine e non c’è bisogno che gli acquirenti siano presenti tutti nello stesso momento.

Alternative al pignoramento

Per evitare di vedere i propri beni pignorati quando non si riesca a sostenere un debito, ci sono alcune strade alternative:

  • Sospensione del mutuo, attraverso l’accesso al fondo di solidarietà per i mutui prima casa, che sospende il pagamento della quota capitale fino a 18 mesi. La banca in ogni caso non pignora la casa immediatamente dopo l’ultima rata non pagata del mutuo; solitamente trascorrono circa 4 anni durante i quali vengono fatti diversi avvisi.
  • Conversione del pignoramento: versando un sesto in denaro del debito dovuto a tutti i creditori, si può fare istanza di conversione del pignoramento: in caso di approvazione, il debito va ripagato in 48 mesi e sostituisce ai beni pignorati la somma di denaro corrispondente al lotro valore, oltre alle spese giudiziarie. In caso però di nuovo ritardo, il procedimento ripartirà.
  • Gestione della crisi: in caso di sovra indebitamento ci si può affidare ad un OCC (organismo di composizione della crisi) che, insieme al Gestore della crisi e al giudice delegato, trovano soluzioni alternative al pignoramento, ad esempio con piani di ristrutturazione del debito o con la liquidazione del patrimonio del debitore, anche qualora il suo valore copra solo parzialmente il valore del debito.
  • Saldo e stralcio: vendita extra giudiziale dei beni invece che affidarli all’asta. La compravendita avviene sul mercato con la mediazione di professionisti (ma con l’atto di estinzione di pignoramento redatto comunque dal tribunale). I vantaggi sono la maggiore rapidità della conclusione dell’affare e il prezzo che sarà più alto e consentirà di coprire meglio il debito. Oltretutto, l’acquirente avrà immediatamente la disponibilità del bene acquistato.

La procedura esecutiva

La procedura esecutiva inizia con l’atto di pignoramento, notificato al debitore e alle parti coinvolte presso l’ufficiale giudiziario. Successivamente si presenta in conservatoria la nota di trascrizione.

L’iscrizione a ruolo avviene con il deposito delle copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell’atto di pignoramento e della trascrizione entro 15 giorni dalla ricezione dell’atto di pignoramento stesso. Dopo 10 giorni si deposita l’istanza di vendita.

Dopo 60 giorni, può avvenire la perizia Ctu che determina il prezzo di vendita secondo tre tipi di parametri: valore di mercato, di realizzo o decurtato delle spese. Verrà scelto di questi il valore più basso perché l’intento è vendere presto dato che la procedura ha dei costi per la giustizia. In definitiva, dopo l’ordinanza di vendita e l’avviso di vendita, passano almeno 45 giorni prima del giorno dell’asta.

Una volta aggiudicato il bene in asta, il pignoramento è estinto.

Categoria catastale C2: una guida esaustiva

 

La categoria catastale C2 comprende i fienili agricoli e non agricoli, ma anche le cantine disgiunte dalle abitazioni e soffitte. Appartengono alla C2 anche gli ambienti dove si esercita la vendita all’ingrosso di prodotti, manufatti e merci o sono adibiti ad ospitarli.

Cos’è la categoria catastale C2

La categoria catastale C2 fa riferimento ai magazzini e ai locali di deposito. L’accatastamento C2, come tutti gli altri, viene stabilito dalla Agenzia delle Entrate in seguito a:

  • domanda di accatastamento
  • dichiarazione di una nuova costruzione e di variazione urbana

Nel dettaglio rientrano in questo gruppo alcune tipologie di unità immobiliari che possono essere adibite a magazzino e locali di deposito variamente declinati come segue;

  • deposito
  • contenimento di merci commerciali
  • contenimento di prodotti
  • contenimento di manufatti
  • vendita di prodotti, merci e manufatti
  • soffitte, cantine, fienili agricoli e non agricoli

Quando si parla di categoria catastale C2 bisogna poi considerare anche le pertinenze che legano l’immobile C2 ad uno principale.

Cosa sapere su categoria catastale C2 e abitabilità

Per comprendere appieno il concetto di categoria catastale C2 e abitabilità è opportuno fare un passo indietro sul concetto stesso di abitabilità: con questo termine si intende l’idoneità di un immobile ad essere abitato, secondo quanto stabilito dalla Legge.Il rapporto tra categoria C2 e abitabilità è preso ancora più ambiguo dal rapporto di pertinenza rispetto ad un immobile principale. In ogni caso, dal punto di vista legale non è possibile abitare in uno spazio accatastato C2 né richiedere qui l’assegnazione di residenza anagrafica. Si ricorda, tuttavia, che è possibile effettuare i lavori idonei a rendere lo spazio idoneo a questo scopo e inoltrate la richiesta di modifica catastale, passando da C2 a C1.

Categoria catastale C2: pertinenza

Il concetto di pertinenza è particolarmente utile per poter attribuire un regime fiscale (ed eventuali agevolazioni): con questa parola, infatti, si identifica le “cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa” secondo quanto stabilito dall’art. 187 del Codice Civile. Si capisce bene quindi che le due caratteristiche peculiari della pertinenza sono:

  • presupposto oggettivo: identificato nella durevolezza della destinazione, a sottolineare che il rapporto non deve essere occasionale;
  • presupposto soggettivo: determina la volontà da parte del proprietario di porre la pertinenza in un rapporto di strumentalità funzionale rispetto al bene principale.

Si può quindi affermare che il vincolo pertinenziale tra due immobili si stabilisce nel momento in cui il titolare di entrambe decide che una deve essere funzionale all’altra.

Calando ora il concetto di pertinenza a quello di categoria catastale C2 si comprende come ambienti come depositi, soffitte, cantine, fienili agricoli e non agricoli non possano sussistere autonomamente ma debbano essere collegati ad un bene immobile principale. In questo caso si potrà dire che un immobile con categoria catastale C2 può essere una pertinenza di una cantina.

 

Non bisogna poi sottovalutare le implicazioni tributarie della pertinenza. La regola generale vuole che per ogni abitazione principale sia possibile conteggiare fino ad un massimo di 3 pertinenze, ciascuna delle quali accatastata come segue: C2, C6, C7.

Che differenza c’è tra C2 e C6

Tenendo presente che le categorie catastali determinano il grado di redditività di un immobile, la differenza tra categoria C2 e C6 è essenziale e viene chiarita dalla Circolare n.2/E del 1/02/16. Il documento prende in considerazione la classificazione degli immobili nelle nuove costruzioni: in questo caso le cantine, i depositi e le autorimesse con un accesso esclusivo o da strada privata hanno un accatastamento C2, mentre in C6 nel caso di stalle, scuderie e autorimesse.

È quindi importante comprendere la differenza tra C2 e C6 non tanto o solo per la destinazione d’uso, ma per le implicazioni tributarie.

 

Categoria catastale C2, C6 e C7

Secondo quanto riportato dall’Agenzia delle Entrate la differenza tra la categoria Catastale C2, C6 e C7 può essere sintetizzata come di seguito:

Categoria catastale Tipologia
C2 Magazzini e locali di deposito
C6 Stalle, scuderie, rimesse e autorimesse
C7 Tettoie chiuse o aperte

 

Dal punto di vista tributario, le categorie C2 e C6 e C7 sono soggette a IMU (dovuta quando non sono di pertinenza con un immobile che è prima casa).

Categoria catastale C2: requisiti

Sebbene la categoria catasto C2 venga assegnata dalla Agenzia delle Entrate rispetto a dei criteri specifici è opportuno sottolineare come debba sussistere alcune caratteristiche che rendono uno spazio accatastabile per questa categoria: data la rendita catastale, queste viene rivalutata del 5% e si applica l’aliquota fissata da ogni singolo Comune moltiplicata per 55.

 

I requisiti fondamentali affinché un immobile possa essere assegnato alla categoria catasto C2 sono;

  • destinazione d’uso: rientrano nella categoria C2 fienili agricoli e non agricoli, soffitte e cantine disgiunte dalle abitazioni, ma anche i locali dove viene esercitata la vendita di merci, manufatti, derrate e prodotti.
  • ubicazione: sono solitamente posizionati in una zona eccentrica.
  • non hanno una zona di allestimento per mostre.

Pertanto, quando si parla di categoria C2, catasto e Agenzia delle Entrate devono lavorare a stretto contatto per poter determinare in maniera precisa e dettagliata la categoria nella quale far rientrare uno spazio.

Categoria catastale C2 e ufficio, un caso particolare

Quando si parla di un immobile con categoria catastale C2, l’ufficio non è la migliore soluzione d’uso che si possa trovare. In questo caso, infatti, bisogna considerare non solo (o tanto) la classificazione del catasto, ma la compatibilità urbanistico edilizia in merito alla destinazione d’uso.Qualora quindi si voglia insediare un ufficio in un’immobile con categoria C2 è necessario procedere con la pratica di cambio di destinazione, anche se non sono necessarie modifiche strutturali.

Analisi mercato immobiliare

Analisi del mercato immobiliare

In questo avvio di 2023, ogni asset class è soggetta al proprio adeguamento specifico, che è parzialmente legato all’attesa di una possibile recessione. Tale adeguamento è in parte anche legato alla prospettiva secondo cui difficilmente la Federal Reserve (Fed) statunitense aumenterà il tasso di riferimento di altri 400 punti base (o più), nonché alle aspettative di un rallentamento dell’inflazione, che sta già scendendo in molti settori.

L’evoluzione della performance per il settore immobiliare nella new economy

Nella figura 1 abbiamo tracciato un grafico del rapporto tra i rendimenti cumulativi del CenterSquare New Economy Real Estate UCITS Index (settore immobiliare nella new economy) e dell’MSCI ACWI Index (azioni globali). Per quanto possa suonare complicato, dal punto di vista operativo se ne ricava che:

  • se il grafico scende da sinistra verso destra, ciò significa che il settore immobiliare nella new economy sta sottoperformando le azioni globali;
  • se il grafico sale da sinistra verso destra, significa che il settore immobiliare nella new economy sta sovraperformando le azioni globali.

Per semplificare le cose, abbiamo suddiviso la linea temporale in sei periodi definiti dalla pendenza della linea, con le date specifiche ricavate in base alla figura 1. La nostra logica è semplice: molti investitori a livello mondiale stanno prendendo in considerazione un benchmark azionario globale e stanno valutando se determinate strategie (in questo caso quella incentrata sul settore immobiliare nella new economy) possano inaugurare un periodo di sovraperformance prolungata.

Secondo la nostra tesi principale, le società immobiliari della new economy hanno le potenzialità per offrire un’“esposizione al settore tecnologico” differenziata quando i risparmiatori cercheranno di moderare la propria esposizione alle società tecnologiche in generale.

Segmenti del settore immobiliare nella new economy

Possiamo però approfondire il discorso, esaminando in particolare tre ambiti specifici del settore immobiliare. WisdomTree collabora con CenterSquare, un asset manager con profonda esperienza e competenza nel settore immobiliare, per definire un approccio al “New Economy Real Estate” incentrato sui pilastri seguenti:

  • ripetitori per cellulari;
  • centri dati;
  • depositi industriali orientati in prevalenza verso il commercio elettronico e le tecnologie.

Benché non si possa mai sapere con esattezza come reagirà una determinata impresa o un settore di un mercato in condizioni economiche dure, si ha motivo di credere quanto meno possibile che questi segmenti del settore immobiliare siano tendenzialmente più resilienti rispetto al settore immobiliare nel suo complesso.

E il famoso “effetto trainante della pandemia”?

Quando parliamo di “effetto trainante”, intendiamo dire nello specifico come il mondo sia stato costretto ad adeguarsi in fretta ad un contesto in cui il lavoro in ufficio è diventato lavoro da casa e, in ultima analisi, da qualsiasi luogo. Per consentire questa transizione, molta gente e molte aziende hanno comprato una quantità considerevole di nuovo hardware, soprattutto nel corso del 2020, che difficilmente verrà subito rimpiazzato o addirittura riacquistato. Considerando i ripetitori per cellulari in tale contesto, si pensa tendenzialmente a una parola: “resilienza”. Ora, se l’obiettivo consiste nel trovare qualcosa che assicuri la massima sensibilità in un mercato tendente al rialzo, è improbabile che i ripetitori per cellulari facciano al caso nostro, perché operano tendenzialmente nel quadro di contratti di locazione a lungo termine con flussi di cassa stabili e prevedibili. I ripetitori per cellulari non dovrebbero subire ampie oscillazioni verso l’alto o verso il basso in termini di valore percepito. I centri dati, d’altra parte, hanno beneficiato di un poderoso effetto trainante: ciò è quanto mai logico, poiché se la gente ha davvero acquistato tutto quell’hardware e ha poi iniziato a lavorare da casa, i centri dati dovevano avere la capacità per alimentare le varie applicazioni di produttività (come Zoom Video Communications o Microsoft Teams) tenendo testa all’enorme aumento della domanda.

Le valutazioni sono calate considerevolmente nel 2022

Non è detto che molti investitori seguano regolarmente diversi parametri di valutazione per il settore immobiliare, tanto meno i parametri che definiscono tipi specifici di sottostante del settore. Abbiamo dovuto individuare alcune delle statistiche che riteniamo adeguate per contestualizzare i vari tipi di beni immobili che ci apprestiamo ad approfondire:

  • per quanto riguarda i fondi comuni di investimento immobiliari (REIT) dei ripetitori per cellulari e i REIT coinvolti nell’ambito della logistica a livello industriale, consideriamo il prezzo / i fondi rettificati dalle operazioni (P/AFFO) nei 12 mesi successivi (NTM). I fondi rettificati dalle operazioni rappresentano un metodo di misurazione dei flussi disponibili per gli azionisti nel REIT, oltre a rendere l’idea delle potenzialità future dei REIT per la distribuzione dei dividendi;
  • per quanto riguarda i REIT dei centri dati, consideriamo il rapporto tra il valore dell’impresa e gli utili al lordo di interessi, tasse, svalutazione e ammortamento nei 12 mesi successivi (EV/EBITDA NTM).
  •  Come sempre, non esiste una misura perfetta e non c’è nulla di consultabile che possa indicare con certezza i rendimenti del prossimo futuro, ma crediamo che questi parametri offrano la visuale più obiettiva di questi segmenti specifici del mercato immobiliare.
  •  In sintesi, per i REIT dei ripetitori per cellulari:
  • la media negli ultimi 5 anni del multiplo P/AFFO NTM è stata pari a 24,7x, considerando tre operatori molto importanti, ciascuno dei quali è attualmente al di sotto di questo livello per quanto riguarda il parametro in questione, dopo aver cominciato il 2022 al di sopra di tale valore medio;
  • esaminando i REIT dei ripetitori per cellulari, per gli investitori è importante ricordare che molte delle operazioni relative ai flussi di cassa sottostanti costituiscono investimenti sul lungo periodo.
  •  In sintesi, per i REIT dei centri dati:
  • qualunque commento sui REIT per i centri dati andrebbe preceduto da quest’ammissione: chi aspetta che questi asset diventino “convenienti” in termini di valutazione dovrà forse attendere a lungo. Per quanto concerne due grandi operatori, notiamo che la media decennale del multiplo EV/EBITDA (NTM) è pari a 17,8x. Equinix e Digital Realty Trust hanno entrambi subito una flessione, ma i loro dati sono comunque superiori a tale media;
  • analogamente a quanto abbiamo detto sui ripetitori per cellulari, in quest’ambito vi sono forze indipendenti dal quadro macroeconomico che incrementano le valutazioni.

In sintesi, per i REIT logistici/industriali:

  • i REIT logistici/industriali vengono scambiati a premio, rispetto a tutti i REIT statunitensi, in termini di rapporto P/AFFO. Tuttavia, il dato corrispondente è sceso da un picco di circa 35,0x a poco più di 20,0x; la media nel decennio precedente si aggira su 25,0x;
  • i REIT logistici/industriali che implicano il ricorso alle tecnologie per consegnare più rapidamente le merci ai consumatori denotano ancora una domanda elevata e una grande attività. Crediamo che il multiplo del premio relativo al mercato costituisca un valore ragionevole e che il calo della valutazione da 35,0x a 20,0x circa rifletta il cambiamento delle aspettative di crescita economica.

In conclusione: vi sono possibilità di una forte crescita a un prezzo più ragionevole

Al 31 dicembre 2022, il CenterSquare New Economy Real Estate Index mostrava una crescita del 15,08% per la media ponderata dell’EBITDA. In quello stesso periodo il valore corrispondente di ampi benchmark immobiliari si attestava approssimativamente sul 7-8%; ne deduciamo che è in aumento l’interesse per la tecnologia nell’ambito immobiliare. Se è possibile mantenere questa crescita del premio rispetto al mercato più ampio (e crediamo che lo sia, specialmente in rapporto agli edifici per uffici e ai centri commerciali più vecchi), la correzione del 2022 potrebbe rappresentare un catalizzatore interessante per esaminare il settore più da vicino.

Effetti della guerra sul mercato immobiliare

Effetti della guerra sul mercato immobiliare

La guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia hanno e avranno conseguenze economiche pesanti per l’Italia e per l’Europa. Ci siamo chiesti nello specifico quali saranno le conseguenze per il mercato immobiliare e se il mattone possa essere ancora un investimento sicuro in uno scenario così incerto.

Le sanzioni alla Russia colpiscono nell’immediato la capacità di spesa dei ricchi russi, che non possono più effettuare acquisti nè possono più accedere ai propri beni immobili. In che modo tutto questo si ripercuoterà sul mercato?

Sul mercato immobiliare le conseguenze di quanto sta accadendo saranno inferiori rispetto a molti altri settori che probabilmente attraverseranno un periodo di crisi immediato, come quello energivoro ma anche quello del food o del turismo. Se da una parte le sanzioni sono uno strumento per garantire il rispetto della democrazia e della libertà dall’altra avranno su alcuni paesi che le hanno attivate pesanti ripercussioni economiche innescando una crisi economica e una sensibile riduzione del PIL. Il Real Estate risponde invece a logiche di mercato che si basano su cicli medio-lunghi, difficile vedere quindi una ripercussione nel breve termine.

Quali sono gli scenari a breve a lungo termine che si possono immaginare sul mercato immobiliare come conseguenza della guerra russo-ucraina?

È prevedibile un aumento dell’inflazione che potrebbe portare gli italiani a misure e scelte più prudenti, che a loro volta potrebbero ripercuotersi nel settore immobiliare. Però, chi dispone di medie/grosse somme, potrebbe invece optare per la scelta opposta: decidere cioè di investire in un bene rifugio (come appunto la casa) evitando la troppa liquidità o investimenti più rischiosi e più volubili. Oltre alla crescita dell’inflazione, un’altra conseguenza della guerra potrebbe essere l’aumento dei tassi dei mutui, che potrebbero quindi diventare di più difficile accesso. Potremmo quindi dire che c’è la possibilità di un rallentamento del mercato, ma è ancora troppo presto per stabilirlo.

Quali i riflessi della guerra in Ucraina sui vari segmenti immobiliari (residenziale, logistica, ricettivo)?

Come dicevo il mercato residenziale dovrà fare i conti con inflazione e probabile innalzamento dei tassi sui mutui, che potrebbero rallentare il mercato e rendere gli acquirenti più cauti. Dall’altro lato potrebbero essere in tanti coloro che decideranno di “rifugiare” i propri risparmi in un investimento che da sempre per gli italiani è considerato sicuro, ovvero quello della casa. La logistica è il settore che più è cresciuto durante la pandemia, difficile dire se subirà uno scossone da questa guerra, al momento non vi sono elementi per pensare possa esserci. Per quanto riguarda il ricettivo, settore già in crisi dopo due anni di pandemia, vi saranno conseguenze negative soprattutto date dalla mancanza del turismo russo che, in certe zone d’Italia, era fortemente presente.

Quali i riflessi sulle compravendite immobiliari (con particolare riferimento al residenziale)? A livello di prezzi e a livello di tassi sui mutui?

Ci aspettiamo un innalzamento dei prezzi dovuto al fenomeno inflattivo che sta interessando tutti i settori dell’economia, nonché un probabile innalzamento dei tassi sui mutui. Su quest’ultimo aspetto il nostro osservatorio ha già registrato su operazioni di finanziamento in corso di strutturazione da parte di investitori istituzionali, un incremento dei tassi e dei costi delle operazioni di finanziamento. Le operazioni di investimento da parte degli operatori internazionali, almeno quelle in corso, al momento sono state tutte confermate e senza particolari ricadute. Dobbiamo però precisare che il mercato dei capitali è molto veloce nei cambiamenti e, pertanto, mutazioni di politiche di investimento potrebbero esserci da un giorno all’altro senza che queste siano accompagnate da particolari anticipazioni.

Il segmento del real estate di lusso sarà particolarmente colpito?

I russi sono tra gli high spender più interessati al lusso italiano. Sicuramente ci sarà una diminuzione sia per quanto riguarda il residenziale sia il retail, ma al momento è impossibile calcolarne l’impatto. Tra i settori del lusso più colpiti ad oggi, dopo una forte ripresa della domanda negli ultimi due o tre anni, è quello dei posti barca per giga yacht sulle coste della Liguria e del Tirreno e dei relativi immobili di lusso per gli stessi armatori e/o per i loro equipaggi. Le recenti misure restrittive, i sequestri operati nei porti di Sanremo e di Imperia di giga yacht, porteranno gli armatori ad abbandonare i nostri “marina” a vantaggio di altre strutture nel mondo che saranno considerate più sicure come ad esempio, per il mediterraneo, la Turchia. La stessa cosa si registrerà nel settore degli immobili di lusso come ville e/o hotel di lusso in località turistiche esclusive, che potrebbero registrare una riduzione della domanda internazionale soprattutto da parte degli investitori russi e cinesi.

Quali i riflessi sul valore dell’immobiliare nuovo ed esistente?

L’aumento dei prezzi dovuto all’inflazione avrà nell’immediato ripercussioni più sul nuovo che non sull’esistente, ma nel tempo colpirà entrambi i segmenti. Potrebbe quindi nel breve- medio termine calare la domanda sul nuovo in favore di un usato più economico soprattutto se quest’ultimo è stato oggetto di ristrutturazione in chiave energetica e sismica (Superbonus). Vedo a breve una ricaduta negativa nel settore degli investimenti e dello sviluppo immobiliare (green field) a causa dell’innalzamento dei costi delle materie prime e dei materiali per l’edilizia che comporterà un incremento dei costi di costruzione degli immobili di nuova costruzione.

Questo porterà a rivedere i budget e quindi i business plan delle operazioni di sviluppo che in alcuni casi potrebbero entrare in crisi per il venire meno delle condizioni di sostenibilità e di profittabilità dell’operazione. Il fenomeno, già presente sul mercato da alcuni mesi, è stato enfatizzato dalle misure restrittive messe in campo con l’esplosione del conflitto Russia Ucraina, e potrà comportare il default di quelle operazioni di sviluppo di nuove costruzioni acquisite più recentemente a valori che si posizionavano sulla forbice piu’ elevata dei prezzi e/o con una leva finanziaria troppo spinta.

L’investimento immobiliare può essere considerato un rifugio in una situazione come questa?

Assolutamente si. Le guerre portano sempre periodi di volatilità economica e di incertezza, la casa in questo senso è proprio visto come il bene rifugio per eccellenza. È ragionevole aspettarsi una domanda interna sostenuta dalla necessità di allocare parte dei cospicui risparmi di quegli italiani non colpiti da processi di impoverimento determinati dalla pandemia.